E’ possibile comunicare in modo empatico o è diventata utopia?
Viviamo in un mondo sempre connesso, nel quale sembra più importante dire qualcosa o esprimere il proprio giudizio invece di provare a connettersi davvero.
In questi giorni parliamo di pace e mentre lo facciamo spesso usiamo parole che creano divisioni.
La comunicazione empatica è possibile e, a mio avviso, dovremmo tutt* fare lo sforzo di praticarla.
Comunicazione non violenta
La comunicazione non violenta, detta anche comunicazione empatica, collaborativa è un modello comunicativo basato sull’empatia, ideato dallo psicologo Marshall Rosemberg.
La comunicazione empatica parte dall’assenza di giudizio, dall’osservazione dei fatti senza valutazione.
Dopo c’è una fase di identificazione dei sentimenti, il riconoscimento dei bisogni ed infine la formulazione delle richieste.
L’ascolto è centrale!
Non provate mai a insegnare qualcosa a qualcuno o a cambiarlo o creerete resistenza
Rosemberg
Provate a fermarvi un attimo. Aprite Facebook e leggete qualche post e qualche commento.
Molto probabilmente avrete letto frasi espresse usando la seconda persona plurale (voi, non avete capito, lo sapete che…) o frasi che esprimono giudizi e non opinioni.
Questo modo di comunicare crea resistenza e non apre al dialogo.
Abbiamo bisogno di avere buone relazioni, abbiamo bisogno di connetterci agli altri eppure il nostro modo di comunicare non fa che allontanarci.
Ma, se ci pensiamo, basta poco.
I conflitti possono diventare scontro, ma possono anche trasformarsi in confronto proficuo (ne ho parlato qui).
Parla per te
Come dice un punto del manifesto di Parole Ostili “Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare”.
Quando ci esprimiamo utilizzando la seconda persona stiamo sottintendendo un giudizio e di conseguenza non ci poniamo in ascolto, ma soprattutto non rispettiamo le persone alle quali ci stiamo rivolgendo.
“Tu non mi capisci” “Voi dovete mettervi in testa che”
Tutto cambia magicamente se iniziamo a parlare usando la prima persona.
“Io mi sento” “Io penso che” “A mio parere”
In questo modo mi metto in connessione con le mie emozioni, mi ascolto.
E’ come se azionassi il cuore. E azionando il cuore riesco a connettermi con gli altri cuori.
Ma forse la difficoltà vera è questa: ascoltarsi.
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